Ci siamo lasciati con la Raccolta differenziata, novità assoluta ad Acate, anche
perché prevedeva la raccolta in tutto il nostro territorio e anche in tutte le aziende
agricole. E, cosa sconosciuta in mezza Italia, il conferimento nell’ex Macello per fare
Bio gasolio, bio gas e una piccola centrale elettrica. Ripeto, caso unico, che ha
riscosso l’apprezzamento delle Autorità regionali e l‘approvazione dell’Assessorato.
Quando si vede qualche fumarola, si grida allo scandalo e si scarica la responsabilità
sugli agricoltori. A questi signori, se sono interessati, posso spiegare chi ha interesse
a bruciare i rifiuti, quanto guadagnano e quanto paga il Comune.
Passiamo alla Quarta sfida: l’acqua. Il problema dei problemi: spese enormi,
continue interruzioni, condotte sempre scassate e manutenzioni continue. Non solo,
ma impossibile renderla potabile. Ho pensato ad una mia idea degli anni passati.
Però ora ci voleva un progetto come quello che avevo visto in Veneto e nei piccoli
Comuni delle zone pedemontane del Piemonte. Mi sono messo in contatto col
Comune più conosciuto, dove ho insegnato, che già nel 1974 aveva realizzato quello
di cui stiamo discutendo. Fortemente convinto, comincio a girare Assessorati a
Palermo, Enti pubblici delegati ai problemi dell’acqua per usi civili o agricoli, ma
niente da fare. E mi consigliano di lasciar perdere.
Cambio strategia, lascio la macchina e prendo l’aereo. Destinazione: Roma, per
Incontrare il Dirigente del Ministero degli Interni, col quale già mi ero visto per
capire i drammi del Comune, dove regnava omertà e corruzione. Gli espongo il
problema dell’acqua. Mi consiglia di incontrare solamente l’Amministratore
delegato dell’Eni, proprietaria della Diga. Purtroppo l’alto Dirigente è all’Estero e la
segretaria, gentilissima, mi consiglia di telefonare prima. Finalmente dopo 10 giorni
chiamo e la segretaria me lo passa. E’ preoccupato. Pensa: un sindaco siciliano! Lo
rassicuro. “Sono un Preside della provincia “babba” e la disturbo per un problema di
vitale importanza: l’acqua della Diga del Ragoleto. Espongo le motivazioni e ascolta
in silenzio. Mi guarda e allarga le braccia: Sindaco, comprendo e mi addolora dirle di
no. Deve cercare altre soluzioni”. Mi arrendo e lo ringrazio, molto onorato. Ma,
mentre gli stringo le mani, gli dico: “Dottore, mi perdoni se oso far presente una
cosa. Nulla da dire che la Diga è sua, il cemento è suo, i macchinari e le condotte
sono sue, però, mi perdoni, l’acqua ce la da Dio e la Natura. E un pochino spetta
anche agli indifesi cittadini”. Silenzio tombale!
Mi avvio verso l’uscita. Mi chiama:
“Sindaco, fra qualche giorno debbo venire a Catania. Vediamoci, magari per un
semplice caffè. Le farò sapere il giorno e l’ora”. Commosso, mi inchino e lo saluto.