Partecipa a Vittoria Daily

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Giorgio Assenza presenta una proposta di legge: “Norme di contrasto al bullismo e al cyberbullismo"

Proposte e integrazioni a cura del dottor Giuseppe Raffa

Condividi su:

“Ancora in itinere l’istituzione di una commissione di inchiesta al Senato, la Sicilia può esser la prima a dotarsi di una seria legislazione contro il bullissmo; meglio, i bullismi – dice Giorgio Assenza, estensore di un ddl circostanziato sull’argomento, il quale continua spiegando – Si deve parlare, per questo negativo fenomeno (che, fra bulli e bullizzati, coinvolge addirittura la metà degli 11-17enni), di due tipi di bullismo a loro volta comprendenti numerose fattispecie: quello primario, scolastico o sociale e il cyberbullismo, e quello secondario, omofobo, xenofobo, fra fratelli, verso il disabile, nei confronti di chi è più dotato e il bullismo femminile” “Una jattura – riprende il presidente dei Questori in Ars – che deve essere affrontata in modo multifattoriale e trasversale come lo stesso fenomeno è. Per questo, occorre far funzionare una rete fatta da scuola, famiglia, ente locale, istituzioni in genere, enti di culto, associazioni culturali, sportive e sociali. Un’epidemia di violenza psicologica e spesso fisica che deve esser curata attraverso un percorso di rieducazione degli adulti (istitutori e genitori, spesso colposamente permissivi) che, dal punto di vista politico, passerà dall’adozione del Piano regionale di settore di interventi che possono esser oggetto di finanziamenti: dalle campagne di sensibilizzazione e di informazione a iniziative culturali, sociali e nel mondo dello sport fino a veri e propri corsi di formazione e a programmi recupero e assistenza per mezzo di gruppi di supporto”. Per informazione, la giornata nazionale contro il bullismo, nel 2018 alla sua seconda edizione, è fissata per ogni 7 febbraio.

Riceviamo e pubblichiamo volentieri l'integrazione a cura del dottor Giuseppe Raffa, Coordinatore Sud Conacy

Oggi parlare e scrivere di bullismo tout court è sbagliato ed anacronistico. Oggi si deve parlare e scrivere di bullismi. Bullismo scolastico, sociale, tecnologico, ovvero bullismi primari. Dopo vengono i bullismi secondari: quelli tra fratelli, verso il disabile, nei confronti di chi è più dotato, il bullismo femminile, quelli omofobico, sportivo e razziale. Scuola e famiglia, da sole, non possono combattere contro un fenomeno epidemico, multifattoriale, che non riguarda solo i giovani ed i giovanissimi appartenenti a famiglie disagiate. Oggi i nuovi bullismi albergano e si diffondono tra adolescenti figli di professionisti, imprenditori, pubblici dipendenti. Una roba mai vista prima. Un fenomeno in netta crescita anche per via dell’utilizzo bulimico, scorretto, irresponsabile dei social e della rete più in generale. Un fenomeno multifattoriale e trasversale, dunque, quello dei nuovi bullismi. Che pertanto va affrontato con una rete, una network society, costituita da scuola, famiglia, ente locale, istituzioni, parrocchie, associazioni culturali, sociali e sportive. Tutti in campo Per affrontare una autentica epidemia sociale, quella che riguarda la diffusione della violenza tra i giovani a scuola, nel sociale, nel web.

Alla luce di quanto scritto elenco, qui sotto, le mie proposte integrative il disegno di legge redatto dall’on. Assenza:

1) Suggerimenti relativi all’articolo 2, Piano regionale di settore: Buona l’idea di avviare campagne di sensibilizzazione con le scuole. Occorre coinvolgere, però, anche i mass media, le radio locali, in particolare. Allargando l’azione anche ai social, ossia gli ambienti virtuali frequentatissimi dai giovani. Spesso gli unici ambienti che i nuovi adolescenti frequentano e prediligono. Ogni azioni andrà realizzata con contenuti diretti, chiari, scritti e divulgati con un linguaggio moderno, che si avvicini il più possibile agli slang giovanili. Occorre coinvolgere testimonial credibili, che fungano da esempio costante e positivo, da autentico traino per i giovani. Penso a dj, vocalist e ai vari “educatori grezzi”, ossia educatori non di professione che gravitano nel mondo giovanile. Mi riferisco agli allenatori sportivi, agli stessi operatori delle discoteche, agli speakers radiofonici, agli influencer dei social. Gente, insomma, che disponga di una forte capacità attrattiva nei confronti dei ragazzi. Contestualmente, il piano regionale di settore potrebbe prevedere un’azione di peer education, cioè di educazione tra pari, orizzontale, di giovani che educano giovani. Il tutto previa importante, corretta, professionale formazione dei giovani tutor. Urge poi redigere progetti formativi per genitori. Ai quali devono mettere mano seri professionisti del settore, pedagogisti, psicologi, esperti di emergenze educative. Devono essere le scuole a gestire tali azioni. I genitori di oggi vanno rieducati. Sono quelli che dicono sempre di si, oppure che fanno gli amiconi dei figli. In entrambi i casi sbagliano, contribuendo, loro malgrado, ad allevare figli violenti, che vogliono tutto e subito, privi di regole e limiti, e che pertanto non si fanno scrupolo alcuno nell’alzare le mani e la voce verso i più deboli, verso gli stranieri, nei confronti degli stessi adulti. Le scuole, attraverso meccanismi da realizzare in seguito, devono chiedere ed imporre l’adesione massiccia dei genitori agli interventi formativi e rieducativi affidati a pedagogisti, psicologi ed esperti di tematiche giovanili appositamente incaricati.

La partecipazione dei genitori a tali azioni, lo ribadisco, deve essere obbligatoria. Posto che ai padri e alle madri saranno consegnate nuove abilità educative e nuove capacità tecnologiche. Entrambe utilissime, necessarie per affrontare al meglio ed efficacemente le emergenze, i problemi dei nuovi adolescenti. Le abilità tecnologiche, in particolare, servono per affiancare i ragazzi nella navigazione in rete e nell’utilizzo corretto e consapevole di tutti gli strumenti elettronici. Azioni utili a colmare il gap tra le generazioni. Val la pena di ricordare che i genitori di oggi sono più ignoranti dei figli, dal punto di vista tecnologico. Cosa mai verificatasi in passato. A tal proposito le scuole potrebbero appoggiarsi agli esperti delle Asp, i pedagogisti su tutti. In provincia di Ragusa, ad esempio, insiste il primo, l’unico ambulatorio antibullismi operante in Sicilia. Utile, decisivo, importantissimo dar vita ad esperienze di formazione e di sostengo alle nuove genitorialità e alla dimensione educativa dei nuovi padri e delle nuove madri. Le scuole, inoltre, vanno sollecitate a mettere mano ad una nuova alleanza educativa coi genitori. Senza la quale non si farà mai il bene dei ragazzi, anzi.

E anche i Comuni devono scendere in campo. Lo devono fare per sostenere le scuole di loro competenze, elementari e medie, nella lotta i bullismi. Lo devono fare per contrastare il dilagare del bullismo sociale, quello delle baby gang per intenderci, contro il quale occorre la discesa in campo, a fianco delle forze dell’ordine e dei Comuni, anche delle associazioni, i club service, le parrocchie operanti nei territori. La lotta ai bullismi, inoltre, passa attraverso la costituzione di gruppi di aiuto ai genitori, cioè di famiglie che aiutano altre famiglie. Come accadeva negli anni Sessanta e Settanta. Quando le famiglie avevano valori comuni, regole condivise e tutti si aiutano a vicenda col risultato di allevare figli che crescevano tra tanti punti di riferimento importanti e decisivi per il loro futuro. Di ciò potrebbero farsi carico le scuole ed alcune associazioni.

2) Suggerimenti relativi all’articolo 2, comma 3, per i beneficiari dei vari interventi di cui sopra: Tra i beneficiari degli interventi del piano regionale, a mio dire, va aggiunto il CONACY (coordinamento nazionale cyberbullismo), creato dal Miur e dal Fatebenefratelli di Milano lo scorso novembre 2017. Si tratta di una struttura a supporto di tutte le scuole italiane, che dispone di tre coordinatori. Il sottoscritto è stato designato coordinatore per il Sud.

Condividi su:

Seguici su Facebook