Si sono incatenati in piazza, insieme: agricoltori, madri, imprenditori, le famiglie colpite da sfratto, per manifestare pacificamente ma con lo scopo di gridare il loro sdegno, la loro rabbia. Chiedono il rispetto dei loro diritti, troppo spesso calpestati, per loro e le loro famiglie. Chiedono di poter garantire un futuro sereno ai propri figli. Sono il popolo di movimento Riscatto, Donne per l’agricoltura, Altragricoltura ed il comitato NO Aste, che da mesi hanno costituito un presidio permanente nella piazza antistante l’ Istituto Professionale di Vittoria e che lottano per il rispetto dei diritti delle famiglie, delle aziende agricole e dei lavoratori, dando sostegno anche a chi ha perso tutto, compreso la casa. Questa volta hanno scelto la piazza, luogo simbolo della vita sociale e politica della città, per rivolgersi “a tutti”, a tutte le forze sociali e vive presenti sul territorio ma soprattutto alla politica, dalla quale si sentono abbandonati, che non riesce a offrire soluzioni concrete e non sa indicare strade da percorrere. Chiedono nuove regole per il commercio a tutela dei produttori e dei lavoratori, dell’ ambiente, delle aziende rurali, misure contro l’ indebitamento, una nuova moratoria per il salvataggio delle aziende colpite dalla devastante crisi: sono infatti 180.000 i posti di lavoro persi negli ultimi 5 anni. Numeri importanti dietro ai quali si celano le storie personali di altrettante famiglie sul lastrico e costrette ad indebitarsi oltre misura con la inesorabile conseguenza dello sfratto esecutivo e della casa messa all’ asta. Richieste coraggiose contro lo “sciacallaggio sociale”, che ha colpito centinaia di famiglia e che trova il suo peggior alleato nelle aste giudiziarie e nel richiedere al legislatore la revisione, ovvero la giusta applicazione, dell’ art 164 bis. “Sono qui per sostenere ed incoraggiare la battaglia di tanti amici che hanno perduto la propria casa – dichiara Monica Musumarra di Donne per l’ agricoltura – e tutto a causa della pressante crisi economica, agricola e sociale che da anni viviamo. Vogliamo onorare i nostri debiti ma non siamo messi nelle condizioni di farlo, perché non produciamo reddito. Le nostre richieste sono chiare: moratorie, misure contro lo indebitamento e piano di salvataggio delle aziende. Vogliamo garanzie. La politica non ci ha ascoltato, dalla Provincia al governo regionale e nazionale. La nostra è una protesta pacifica e vogliamo dialogare con le istituzioni ma ci attendiamo pure delle risposte”. Non cedono, non vogliono lasciar perdere, sono disposti a tutto, a continuare la protesta anche con altri mezzi e con altre manifestazioni. Sono pronti ad andare avanti senza sosta perché qualcuno li ascolti e perché finalmente si arriva alla risoluzione del problema. “Siamo qui, chiosa Maurizio Ciaculli, presidente regionale del movimento Riscatto e organizzatore della protesta, perché la profonda crisi agricola, che viviamo da anni e che non è ancora finita, ci ha soffocato. L’agricoltura è la vera vocazione di questo territorio ma le enormi spese e gli accordi green corridor Euro-Marocco ed il Ceta, hanno distrutto l’economia di tutto il Sud Italia ma peggio ancora, hanno portato all’indebitamento e quindi al fallimento, migliaia di piccole imprese agricole, I lavoratori che non hanno più potuto ottemperare ai loro debiti vedendosi pignorare il bene più grande: la casa. Più grave ancora è come il legislatore ha modificato gli articoli di legge come il 164 bis. Da “cittadini onesti”, ci hanno portato a diventare “cittadini disonesti” e non perché lo siamo veramente ma perché non riusciamo più a pagare le tasse diventando morosi e perseguibili. Chiediamo una sospensione di almeno 24 mesi delle aste giudiziarie, una moratoria pubblica e privata per rimettere in bonus le aziende con l’ accesso al credito, ritornare a lavorare anche cambiando le regole stesse del commercio e rivedere tutto il percorso della filiera agroalimentare monopolizzato dall’ attività mafiosa. Rimarranno fino a stasera, incatenati, ma la solidarietà è già tanta: chi porta da mangiare, da bere o anche il semplice caffè; gesti ricchi di umanità, che testimoniano una solidarietà operosa e altrettanto coraggiosa: quella di metterci la faccia, come loro, in catene in piazza a manifestare per i diritti di tutti, soprattutto per dar voce a chi voce non ha.