Partecipa a Vittoria Daily

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

"C'era una volta"... ma non c'è più! La riflessione di Don Beniamino Sacco sulle tante "favole" di Vittoria

Don Sacco:" C'è bisogno ancora di sognare"

Condividi su:

In ogni istante della nostra vita abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso”. (Paulo Coelho)

Così si esprimeva il grande poeta brasiliano per descrivere il cammino dell’uomo, fatto di sogni, di speranze e di progetti, in un continuo e perenne scontro con la realtà costruita – invece - sul “forse”, sul “ma”, sul “non ancora”; da un lato la favola, dall’altro l’abisso. L’eterno dualismo che muove il mondo!

Le favole sono belle, affascinanti, dolci da ascoltare, capaci di trasportarci in un mondo fantastico tutto nostro, personale. Una favola ha il gusto dell’infinito perché ci trasporta in quei meandri nascosti dell’anima, in cui possiamo esprimerci liberamente e tornare bambini. Ma l’abisso di cui parla Coelho è sempre pronto a strapparci ed azzannare i nostri sogni e a riportarci alla cruda e dura realtà, in cui si aprono gli occhi e ci si rende conto che non sempre tutte le favole finiscono con un  “felici e contenti”.

Quando poi è una intera comunità a svegliarsi e a percepire che non hanno sempre un lieto fine, l’abisso diventa incolmabile!

Don Beniamino Sacco, parroco a Vittoria della parrocchia Spirito Santo, a Forcone, un quartiere periferico che ha vissuto e vive di disillusioni, di abbandono, di abissi più o meno profondi, non ha mai smesso di sognare in grande e di credere nell’uomo. Un parroco di “periferia” capace di leggere la realtà circostante con lucidità e concretezza e di proporre soluzioni reali. Don Beniamino riesce ad andare oltre la favola ma non crede - e non cede - alla tentazione dell’abisso, del disfattismo e della sfiducia a tutti i costi. Un sacerdote che – nonostante tutto – continua a sognare.

La sua lettura della realtà, dei fatti e della storia non è mai banale o scontata, ma è capace di andare oltre, di immaginare il “lieto fine”; parole semplici, chiare ma circostanziate, che scuotono e invitano alla riflessione e alla presa di coscienza.

“Quasi tutte le favole iniziano così: c’era una volta – esordisce Don Sacco nella sua analisi -. La favola è un sogno che immerge in un mondo fantastico. Per i bambini poi è l’immagine che arricchisce la loro fantasia, sviluppa la loro creatività, li fa, appunto, sognare. Per questo le favole non passano mai di moda, resistono nel tempo. Purtroppo ci sono favole che nascono e muoiono nel giro di pochi anni. Sono quelle favole che quando si raccontano non si apprezzano; quando non si raccontano più se ne soffre la mancanza”.

Un incipit dolce che lascia campo all’amarezza, quella dei fatti reali, che viviamo quotidianamente. “Sfogliando le recenti pagine della storia della nostra città – continua Don Beniamino - mi sono venute in mente alcune favole che hanno avuto vita breve. Ne menziono alcune:

C’era una volta a Vittoria la Piscina Nannino Terranova, struttura finanziata dalla Regione. Per diversi anni è stata punto di riferimento di tanti bambini, adolescenti e giovani. Alcuni di essi hanno avuto anche risonanza nazionale. Poi le luci si sono spente e la struttura è diventata un monumento alla memoria.

C’era una volta a Vittoria il gioco del calcio. Prima in Eccellenza, poi in serie D e finalmente la serie C. Uomini di sport, tifosi appassionati, per tanti anni hanno portato il nome di Vittoria in tanti stadi del Sud Italia. Come dimenticare gli “scontri” tra Vittoria e Ragusa! Tra Vittoria e Cosenza!  Grida, imprecazioni, fanatismo spesso incontrollato, botte date e ricevute, arbitri coreografati da insulti ramificati. Erano le domeniche allo stadio. Da tutte le strade della Città manipoli di uomini correvano per arrivare in tempo alla partita.  Poi il nulla, Adesso lo stadio è monumento dedicato al “fu calcio”

C’era una volta a  Vittoria una televisione locale, frutto dell’impegno di un operatore economico vittoriese. Poteva piacere o non piacere, ma era una voce che portava la vita della città in molte zone della Sicilia. Adesso, per mancanza di fondi, anche quella voce si è spenta.  E’ rimasta soltanto l’antenna, senza segnale. Un monumento inutile.

C’è a Vittoria un centro sportivo che da anni aspetta di essere utilizzato. Se ne sta lì sul monte Calvo, con i fari spenti e con le piste in stato di abbandono. Fa non molto si dirà: C’era una volta... Un altro monumento al “ciò che non sarà mai”.            

C’era una volta a Vittoria un Autoporto, inaugurato e mai messo in funzione. Opera milionaria che porterebbe nuova linfa e respiro economico alla città. Anche quest’opera morta, un’altra cattedrale nel deserto.                 

C’era una volta a Vittoria il Teatro Comunale, piccolo gioiello di arte e di ingegneria ottocentesca. Il tetto sta crollando ed è stato chiuso in attesa di restauro.

Una lista che purtroppo potrebbe continuare a lungo, frutto delle tante “favole” raccontateci negli anni, favole che raccontano altre storie: affari, interessi, logiche personali e di bandiera.

Le favole si racconteranno ancora per pococonclude Don Beniamino Sacco con amarezza, ma non con  rassegnazione - dopodiché anch’esse spegneranno i ricordi senza storia di una città che ha bisogno invece di sognare”.

Il grande Marcel Proust amare ripetere che: “Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno, ma sognare di più, sognare tutto il tempo!.

Vittoria ha davvero bisogno di sognare di più, con più coraggio e soprattutto con un bel lieto fine!

 


 

 

 

 

 

 

Condividi su:

Seguici su Facebook