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Petrolio, a Ragusa è crisi nera

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ll lockdown in Italia ha generato un crollo della domanda di petrolio del 70-80%. A questo aggiungiamo la caduta verticale del prezzo del petrolio sui mercati internazionali, per le società petrolifere c’è stato un ammanco di cassa superiore ai 4 miliardi. La parziale ripresa della mobilità e dei consumi di energia porterebbe comunque a fine anno un fatturato fortemente ridimensionato. Le produzioni di petrolio a Ragusa sono ferme. Il sindacato teme il peggio e in una nota inviata a Enimed dichiara che “occorre ripristinare le attività e servire le manutenzioni necessarie ai pozzi per la continuità produttiva dei giacimenti ragusani. È inaccettabile e ingiustificato il fermo delle estrazioni in quota Enimed, nel nostro territorio”.

Le segreterie di Filctem, Femca e Uiltec denunciano che la situazione del petrolio coltivato ed estratto a Ragusa rischia di precipitare da un momento all’altro.

«Abbiamo assistito in questo ultimo anno a un inarrestabile abbassamento dei livelli quantitativi di estrazione di idrocarburi dalle concessioni minerarie Eni della provincia di Ragusa. E non solo. Fermo anche il campo Tresauro, in cui la società Enimed è in compartecipazione con Edison e Irminio. L’assemblea tenuta da queste segreterie territoriali scriventi al Centro Oli Enimed di Ragusa, giorno 30 settembre, presenti tutti i lavoratori, ha rinsaldato le nostre più vive apprensioni. I lavoratori, a tutti i livelli, sono fortemente preoccupati. In soldoni: Eni non estrae più petrolio in provincia. Abbiamo perso il 90% della produzione in meno di un anno, senza un ragionevole motivo. Ed è per siffatta, incomprensibile, criticità nella gestione delle produzioni ragusane che abbiamo chiesto un incontro urgente alla spettabile società Enimed».

Le segreterie sindacali hanno formalmente riferito al Sindaco della città di Ragusa la criticità delle produzioni Enimed, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di versamento delle royalties per la collettività.

foto web

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