Udienza ieri a Ragusa, del processo scaturito dall’operazione “Survivors”.
Le accuse vanno dalla associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni, alla intestazione fittizia di beni nel territorio di Vittoria.
Ventiquattro persone coinvolte a vario titolo:
Giambattista Ventura, Filippo Ventura, Angelo Ventura, Maria Cappello, Maurizio Cutello, Francesco Giliberto, Salvatore Macca, Salvatore Nicotra, Rosario Nifosì, Vincenzo Ventura, Salvatore Perucci, Floriana Campagnolo, Andrea Perucci, Claudio Saracino, Tiziana Lizzio, Agostino Glorioso, Salvatore Licitra, Andrea Frasca, Giovanni Spataro, Emanuele Firrisi, Gaetano Cinquerrui, Angelo Di Stefano, Enzo Rotante e Giovanni La Terra.
L’operazione coordinata dalla Direzione antimafia di Catania con il supporto investigativo di polizia, Squadra Mobile e dei carabinieri permise – secondo la pubblica accusa – di appurare l’esistenza di un sodalizio criminale riconducente alla “stidda” vittoriese, che nei comuni di Vittoria e Comiso sarebbe stato dedito a “estorsioni in danno di commercianti di prodotti ortofrutticoli e di altre imprese dell’indotto connesso al mercato di Vittoria, così come ai danni di aziende operanti in altri settori economici, come le imprese di onoranze funebri”. L’udienza di ieri è stata dedicata all’escussione dei testi del pm, Valentina Sincero. Ha iniziato l’amministratore giudiziario della ditta Linea pack la cui relazione è stata acquisita agli atti: il professionista ha descritto la situazione contabile e gestionale della società e quella che è stata definita ‘cassa assegni’ trovata al momento dell’insediamento, un ‘parco clienti’ importante ed alcune forniture e fatture che sono state oggetto di approfondimento anche da parte dell’agenzia delle entrate per irregolarità riscontrate. Poi è stata la volta di altri cinque testi che tra gli anni 2009 ed il 2017 hanno denunciato alle autorità preposte, tentativi di estorsione che sarebbero stati messi in atto da alcuni degli indagati. Per due dei testi, in particolare, è stato necessario il richiamo del presidente del collegio che davanti ad una lunga serie di ‘non ricordo’ ha rammentato loro, con decisione, il rischio del rinvio degli atti alla Procura per reticenza e falsa testimonianza.