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Pandemia e feste di Pasqua: tradizioni che attendono di essere rivissute

Redazione
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Riti antichi, spesso immutati, impregnati di sacralità, che si tramandano da secoli ma ancora capaci di parlare al cuore della gente. 

Anche Vittoria, seppur il più giovane tra i Comuni delle dodici terre, ha conservato e mantenuto tradizioni religiose molto belle e suggestive che trovano il loro culmine nella celebrazione del Venerdì Santo e nelle “Parti”.

I riti della Settimana Santa a Vittoria, iniziavano già la Domenica delle Palme anche se non rimangono fonti storiche certe ma solo memorie. Successivamente il mercoledì santo con la processione detta “de Sciaccari” della quale non rimane purtroppo traccia. I Sciaccari, uomini incappucciati, giravano il paese con torce in mano e rappresentavano i Giudei alla ricerca di Gesù’ nell’ orto. Il Giovedi, (ancor prima il mercoledì) invece, era il giorno del “Cristo à culonna”processione con il fercolo di Gesù legato ad una colonna, statua antica che proveniva dalla diruta chiesa di S. Vito. Esisteva persino una Congregazione del Cristo alla Colonna composta prevalentemente da  artigiani.  La processione fu poi proibita del Vescovo Rizzo per ragioni liturgico - pastorali.

Un discorso a parte merita il Venerdì Santo: i riti, nella forma che conosciamo oggi, si svilupparono sotto il grande impulso dei Gesuiti ed è anche grazie a loro che ci sono arrivati in modo cosi suggestivo ed emozionante. La giornata è interamente dedicata alla fede e alla tradizione con ben due processioni che si snodano in più tempi: quella della mattina e l’altra la sera con in mezzo le “Parti”.  Già dalla mattina si “veste” e si prepara il fercolo dell’Addolorata, ufficio antico pregno di ritualità e gestualità, svolto dalla Congregazione del SS. Crocifisso che ha cura di tramandare e custodire questi riti. A seguire la processione del “cataletto”, un’urna neoclassica del 1834, contenente la statua di pregevole fattura del Cristo morto con dietro il fercolo della Madonna – entrambe risalenti al 1700 -  e che si snoda lungo le vie del centro storico per poi imboccare via dei Mille e raggiungere il Calvario, un tempietto neoclassico del 1857 che sostituì’ il più antico del 1644. La sera, poi " Il Dramma Sacro" dette "I parti" opera del  marchese Alfonso Ricca e la processione di ritorno, suggestiva, ricca di pathos, silenziosa, diremmo quasi più intima.

Da qualche anno, la Domenica di Pasqua, si mette in scena la "Resurectio", un dramma sacro incentrato sul mistero della Resurrezione di Cristo. Un ulteriore momento di fede e riflessione sul più grande mistero della nostra fede, che viene rappresentato con grande concorso di popolo e che coinvolge - anche in questo caso - attori e professionisti.

Per le ragioni che tutti conosciamo, legate all’emergenza pandemica anche quest'anno dunque non vivremo le nostre tradizioni come vorremmo?

 

 

foto: Insieme Ragusa

 

 

 

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