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Nigeriane sottoposte a rito "Voodoo" costrette a prostituirsi, tra loro anche minorenni

4 fermi di indiziato di delitto per evitare la fuga delle "maman"

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Minacce, inganni, promesse di lavoro, riti voodoo, cosi la La Polizia di Stato – Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile di Ragusa, e la Procura Distrettuale Antimafia di Catania, ha "fermato" -una operazione- nella quale reclutavano ed introducevano nel territorio dello Stato mediante donne al fine di indurle e costringerle a prestazioni lavorative di tipo sessuale, con l’aggravante di aver commesso i fatti reato, al fine dello sfruttamento della prostituzione e per aver cagionato grave pericolo per la vita o l’integrità fisica e psichica della persona offesa.

 25.000 euro per essere libera dalla rete criminale, una ragazza è stata liberata dal Servizio Centrale Operativo, dalla Squadra Mobile di Ragusa e di Novara nel centro cittadino piemontese.

La rete criminale aveva dei punti di riferimento in Libia, Nigeria e in diverse regioni d’Italia.

Queste le drammatiche confessioni delle ragazze: “mi avevano detto che una volta in Italia sarei andata a scuola e poi avrei fatto la baby sitter per mantenermi; appena ho messo piede sul barcone ho scoperto che mi sarei dovuta prostituire”. “in Nigeria e in Libia mi hanno costretta ad avere rapporti sessuali, altrimenti non mi avrebbero fatta partire”.

L'Esodo

Sbarcate a Pozzallo a febbraio 2015, sono state sottratte alla rete criminale dalla Squadra Mobile di Ragusa che grazie alla collaborazione con l’OIM, le ha rifugiate presso una casa accoglienza in territorio ibleo. La Polizia di Stato – Servizio Centrale Operativo e Squadra Mobile di Ragusa – hanno eseguito i provvedimenti di Fermo di indiziato di delitto con la collaborazione dei colleghi di Novara per OGAGAOGHENE Ejiro Oghene intesa “Faith”, nata il 22.12.1991 in Nigeria e OJU Ogaga Oghene, nato il 12.11.1983 in Nigeria; di Ferrara per OBOH Angela, nata il 20.10.1987 in Nigeria; di Napoli per IZOGIE Felicia Kelechi intesa “Eva”, nata il 12.12.1988 in Nigeria. Le 4 persone catturate (un uomo e tre donne) sono state fermate in quanto gravemente indiziate dei delitti di cui agli artt. 416, 1^ e 6^ comma c.p. per avere, unitamente ad altri soggetti, allo stato ignoti, costituito e promosso un’associazione dedita: 1) alla tratta di giovani donne nigeriane, illegittimamente introdotte nello Stato italiano al fine di avviarle alla prostituzione; 2) all’induzione e sfruttamento della prostituzione delle stesse. Reati aggravati dal fatto che si tratta di un gruppo che opera in più di uno Stato (Libia, Nigeria e Italia). Ed ancora dei reati previsti dagli articoli 110 e 601 c.p. perché, in concorso tra loro e con altri soggetti allo stato ignoti, approfittando dello stato di estrema indigenza in cui versavano le vittime, mediante l’inganno della promessa di un lavoro lecito e con minacce di mali ingiusti per sè e per i propri familiari (riti voodoo), reclutavano ed introducevano nel territorio dello Stato donne al fine di indurle e costringerle a prestazioni lavorative di tipo sessuale, con l’aggravante di aver commesso i fatti reato, al fine dello sfruttamento della prostituzione e per aver cagionato grave pericolo per la vita o l’integrità fisica e psichica della persona offesa. LA GENESI Nel mese di febbraio di quest’anno, giustappunto il 14, in uno dei tantissimi carichi di migranti giunti presso il porto di Pozzallo, gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa notavano che tra i 126 sbarcati vi erano numerosissime donne di origine nigeriana. Le capacità investigative acquisite dagli investigatori della Polizia di Stato iblea permettono di individuare anche alcune dinamiche criminali, ormai consolidate negli anni, da parte di network criminali transnazionali. In relazione all’esperienza maturata, gli uomini della Squadra Mobile si avvalgono tra l’altro di una giovane interprete nigeriana, anch’essa sbarcata a Pozzallo qualche anno fa, ora inserita in modo stabile nei team investigativi della Polizia di Stato di Ragusa. Grazie all’opera di mediazione della citata donna si è riusciti ad indurre una giovanissima migrante a raccontare agli investigatori la sua tremenda esperienza. La donna riferiva di essere stata contatta in Nigeria da alcuni connazionali che le offrivano un futuro migliore, fatto di studi e lavori come baby sitter o badante. Considerata la sua gravissima situazione finanziaria, così come quella della sua famiglia, la giovane accettava di raggiungere l’Italia; per di più le avevano detto che non avrebbe dovuto pagare nulla, salvo poi rimborsare la somma versata per lei di 400 euro. Al fine di “proteggerla” dagli spiriti del male, gli organizzatori la sottoponevano al rito voodoo, tagliandole una ciocca di capelli, i peli del pube e le unghie, scattandole anche una foto. Per far questo la portavano da un “baba-loa” da qui il nome dell’indagine. Il “baba-loa” è una figura religiosa tradizionale molto diffusa e rispettata, soprattutto nelle zone non musulmane della Nigeria meridionale. Solo nello stato di Edo ci sono infatti ben 5000 baba-loa regolarmente iscritti a un albo professionale di categoria, i cui compiti sono legati soprattutto al bisogno di coesione comunitaria, mediazione nei conflitti sociali e familiari, nonché virtù di carattere terapeutico. Il baba-loa «benedice» la partenza delle donne, sottoponendole a un rito vudù ben codificato: prende alcuni elementi intimi della candidate alla partenza (peli pubici, unghie dei piedi, un assorbente sporco di sangue) e li mescola in un sacchetto pieno di polveri magiche. Come una corda stretta intorno al collo, il rito vudù contribuirà a rendere docili le ragazze: terrorizzate dal fatto che alcune parti del loro corpo sono nelle mani dello stregone, si sentiranno legate a doppio filo all'impegno preso. Forti di questo duplice vincolo, le organizzazioni criminose sanno di avere il coltello dalla parte del manico. Una volta selezionate, e spesso illuse le donne con la promessa di un falso lavoro,i criminali organizzano il loro passaggio in Europa (fonte progetto “Roxana”) “Ci serviranno per pregare per te, ma tu ricordati che se non onorerai i tuoi debiti morirai”, così le avrebbero detto prima di partire, minacciando anche la sua famiglia. La ragazza, una volta ascoltata dalla Polizia, grazie anche al supporto dell’OIM, veniva informata che per le leggi italiane sarebbe stata protetta ed accompagnata presso una struttura inserita in un programma nazionale codificato dalla cd “legge antitratta”. Una volta rassicurata, la giovane donna appuntava, poco prima di andare via, un numero di telefono di una delle criminali consegnandolo agli ispettori della Polizia di Stato. “Questo numero l’ho dovuto imparare a memoria; mi avevano detto che una volta giunta in Italia avrei dovuto contattare questa donna e che lei mi avrebbe aiutato prelevandomi proprio presso la città di sbarco”. La donna ovviamente non ha più fatto quella telefonata, evitando così di essere avviata alla prostituzione; per contro è ormai salva e lavora nel ragusano in una azienda, non meglio indicata dalla Polizia di Stato, per sua garanzia. LE INDAGINI Dopo aver acquisito le prime importanti notizie investigative, gli uomini della Polizia di Stato hanno chiesto ed ottenuto dalla Procura della Repubblica di Catania di intercettare l’utenza telefonica fornita dalla vittima sbarcata a Pozzallo. Poco dopo aver dato inizio alle intercettazioni, gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa e del Servizio Centrale Operativo, che coordina tutti gli uffici investigativi della Polizia di Stato, avevano un quadro già molto chiaro di quanto realizzassero i sodali dell’organizzazione. Gli stessi risultavano “specializzati” in distinti ruoli: chi in Nigeria procacciava le ragazze promettendo facili guadagni, lavori leciti ed un futuro certo, sottoponendo però le vittime ai riti voodoo; chi in Libia fungeva da connection man per il trasferimento in Italia; chi prelevava le ragazze vicino ai luoghi di sbarco e chi poi le obbligava a stare su strada per prostituirsi. In particolar modo capita spesso che le vittime di tratta diventino esse stesse carnefici poiché, per sottrarsi agli obblighi di versare denaro, divengono anch’esse delle “maman”, in modo da estinguere il debito senza più prostituirsi. Nel concreto una rete criminale destinata solo ad allargarsi se non individuata dagli investigatori. Le indagini sono durate mesi ed hanno permesso di individuare ben tre network delinquenziali operanti in Italia nelle tre città ove si è proceduto alle catture: Novara, Ferrara e Napoli. I punti in comune che hanno legato in questa indagine quanti impegnati nelle varie città erano proprio i soggetti operanti in territorio straniero. Chi “vende” le ragazze opera in Nigeria e Libia; in posizione diversa chi ha base in Italia o in nord Europa che prima “ordina” le vittime, spesso minori, per poi obbligarle alla prostituzione, pena disavventure prodotte dai riti voodoo. Le migliaia di intercettazioni hanno, quindi, permesso di individuare questi soggetti presenti in Italia, raccogliendo per tutti i sodali gravissimi indizi di reità a loro carico. Fortemente toccanti le violenze verbali usate dagli indagati, in un crescendo di responsabilità caratterizzato tra l’altro dalla totale assenza di rispetto della vita umana. LE CATTURE La Procura Distrettuale Antimafia ha valutato di procedere al Fermo di indiziato di delitto per impedire: in primis la reiterazione del reato, così sottraendo le vittime ai loro aguzzini; poi anche per evitare la fuga, stante il fatto che tutte le persone indagate sono risultate in possesso di regolare permesso di soggiorno italiano, potendo così liberamente ritornare in patria o spostarsi verso altri paesi, facendo poi perdere le loro tracce. In questi giorni, gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa, con la collaborazione dei colleghi di Napoli, Novara e Ferrara, coordinati dal Servizio Centrale Operativo, hanno eseguito le catture in tre città diverse. L’operazione molto complessa, perché articolata su territori diversi tra loro ma con soggetti comunque tra loro collegati, è stata portata a termine dopo un attento lavoro di localizzazione delle persone da catturare. Durante l’esecuzione a Novara, è stato possibile sottrarre alla rete criminale una donna che si trovava in casa degli arrestati. La stessa, rintracciata in una casa, non ha mancato di ringraziare la Polizia di Stato per averla sottratta ai suoi aguzzini: un uomo ed una donna che la costringevano a prostituirsi per pagare il debito da lei contratto di 25.000 euro. La vittima, peraltro giovanissima, ha riferito di essere stata anch’essa sottoposta al rito voodoo anche se non ha voluto specificare nulla proprio perché credeva nella magia nera. In concreto avrebbe dovuto pagare, l’affitto di casa; della piazzola di sosta dove si prostituiva in strada; il vitto e poi anche il debito già contratto all’atto della partenza. In pratica sarebbe restata legata ai debiti per anni. Al termine delle catture tutte le persone indagate sono state identificate dalla Polizia Scientifica e poi condotte nelle carceri più vicine al luogo di esecuzione del provvedimento di fermo. Il Giudice per le indagini preliminari competente per zona ha convalidato i fermi dei 4 indagati rimettendo gli atti per competenza al Tribunale di Catania per la relativa fase dibattimentale che si auspica potrà portare alla condanna per decine di anni di carcere.

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