Mettere in scena ben 65 persone non è semplice ma per Marco Di Stefano tutto è possibile. Un gioco fra imitazione, specchio, interpretazioneassieme alla recitazione ed interpretazione impeccabili di dieci bimbi diversamente abili, scolari normodotati, insegnanti e genitori, tutti insieme uniti dalla passione per il teatro per grande interpretazione di Amleto. La parola d’ordine o chiavi di lettura: acqua, terra, fuoco, elementi nevralgici per coordinare un lavoro sulla direzione di mettere in moto il corpo e proiettarlo nello spazio. “Sfruttiamo il corpo, rivitalizziamolo attraverso la muscolatura”, il messaggio dell’attore e regista teatrale Marco Di Stefano che ha diretto magistralmente uno spettacolo in pochissimi giorni un progetto organizzato dall’istituto G. Caruano di Vittoria e che ha visto protagonisti i suoi alunni. I bambini si sono assolutamente divertiti raggiungendo la loro autonomia, innescando dei meccanismi di vera padronanza e conoscenza del proprio corpo. La parola a Marco Di Stefano.
Le tue riflessioni di questa ennesima esperienza a Vittoria, grazie all'invito del dirigente scolastico Lucia Palummeri
“E’ davvero affascinante assistere all’elasticità dei movimenti dei bambini, alla loro trasformazione nei movimenti del corpo. E’ straordinariamente bello assistere al movimento dei muscoli facciali, ad esempio. E’ stata una sperimentazione ben riuscita. Riuscire a mettere in moto l’intelligenza significa rivitalizzare tutto il corpo e scoprire l’importanza di saper stimolare la memoria. Il corpo attraverso il movimento acquista intelligenza. Il teatro è scoperta mediante il quale ogni persona scopre di avere molte qualità nascoste che emergono facilmente attraverso la recitazione. Un’emozione indescrivibile aver coinvolto tutti, soprattutto i bambini diversamente abili, trepidanti nel voler subito esprimere la propria parte. Erano entusiasti di aver appreso attraverso il gioco, il dialogo, una nuova dimensione, quella teatrale. E’ stato bellissimo il contatto dell’abbraccio che senza dubbio rappresenta un messaggio di una richiesta di contatto. I bambini speciali hanno trasmesso segnali interessanti e pieni di amore. Reagire in questo senso è il massimo soprattutto attraverso il canto: hanno cantato infatti molto bene. L’unica cosa di cui mi dispiace è aver dedicato solo pochi giorni a questi bimbi straordinari.”
Cosa ti piacerebbe realizzare in futuro, in questa città?
“Mi piacerebbe realizzare un Alone Together. Quando non c’è stima di se stessi, non c’è apprezzamento. Allora bisogna lavorare sull’autostima per amare se stessi, solo così si può amare gli altri.”
A cosa ti sei ispirato per lo spettacolo di ieri?
“La mia formazione artistica è cresciuta lavorando sulla figura del clown. Ho avuto grandi maestri che sono stati i più grandi clown della storia come Romano Colombaioni attraverso il festival internazionale del teatro e cinema di Amandola. In 19 anni di festival ho visto i più grandi clown del mondo con i quali ho lavorato e mi sono formato. Il clown teatrale senza trucco parte dal principio portato avanti da Romano Colombaioni tramite il quale usa il trucco da clown solo alla fine dello spettacolo ed esce verso il pubblico, verso la strada, come se i veri clown fossero fuori, cioè nella vita. "
"Cosa significa fare il clown? La capacità di ridere di se stessi, di vedere i propri difetti, la capacità di fare ironia anche sugli altri. E’ si provocatorio ma mai cattivo. Questa esperienza ti segna per dimostrare che in Alone Togethersolo se sai stare da solo riesci a stare con gli altri. I rapporti che durano di più sono tra persone diverse tra loro e che sono in grado di vivere anche separatamente. Chi sa stare da solo non vuol dire essere egoisti, al contrario anzi sei in grado di essere un forte supporto. Il linguaggio del clown e del mimo è utilissimo con i bambini e con loro lo è in modo particolare come realizzare delle gag teatrale in questo senso.”
Come sono stati i bambini?
“I bambini sono stati meravigliosi perché hanno trovato quella concentrazione assieme a un forte coinvolgimento e divertimento di tutti, docenti compresi. Peccato davvero per il poco tempo dedicato. I bambini sono più avanti di noi. Non si creano problemi nel recitare tutti insieme. Sul palco erano tutti uguali e si sono espressi proprio nella loro naturalezza espressiva. Non si sono affatto isolati ma hanno tutti collaborato all’unanimità. Sono riusciti a capire che la riflessione all’interno di loro è assolutamente importante per raggiungere la propria autostima. E ci sono riusciti nell’interpretare l’Amleto.”
Qual è la tua vera ricerca in questo lavoro?
“La capacità di resilienza, di trasformazione è fondamentale. Sono elementi molto semplici come lavorare sull’acqua: noi lavoravamo solo 20 minuti sull’acqua, sulla terra e sul fuoco. Occorre un processo di esplorazione che duri per settimane se vuoi raggiungere progressi dal punto di vista teatrale. Andando dai canti ancestrali antichi fino ad arrivare all’urlo della musica contemporanea cercando di armonizzare testa, corpo, mente, tutto partendo dal respiro. Tutto nasce dal battito cardiaco che è la prima nota musicale, quello che sente la madre nel proprio grembo quando attende il suo bambino. E’ il primo battito musicale che l’uomo abbia mai sentito. Alla partenza c’era l’organicità e poi c’è una ricerca da adulto di questa naturalezza che è andata perduta. I nostri corpi sono peggiori dal punto di vista dell’abilità rispetto ai corpi di generazioni passate. Sappiamo fare con i nostri corpi molto meno; c’è un appiattimento delle capacità dell’uomo. C’è la mancanza del gioco, della fantasia senza però generalizzare. C’è una ricerca del bambino che è dentro di noi: il Piccolo Buddha, il Piccolo Principe, il Fanciullino…La mia è una continua ricerca perché so che è possibile, perché si arriva a trovare il bambino che è in ognuno di noi però richiede apertura mentale e mettersi in gioco. Cerco di recuperare la mia fisicità in età adulta senza vergognarmi perché questo tipo di gioco mi permette di riscoprire la espressività totale del mio corpo permettendomi nella vita di tutti giorni di essere più comunicativo, più profondo, più aperto, più deciso. Il teatro ti aiuta moltissimo come proteggerti da quello che accade e che ti accade. Aprirti con le persone giuste e a chiuderti per non distruggerti per raggiungere lo sviluppo in te e nel rapporto con gli altri.” In futuro, torneresti a Vittoria? “Sarebbe bellissimo ripetere un’altra esperienza con questi splendidi bambini”.
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Ufficio Stampa: Concita Occhipinti